Abbiamo ricevuto uno scritto di Daniele, un nostro giovane volontario che ha passato dieci mesi in Bolivia, presso la missione di Batallas… ci ha regalato tre parole chiave per descrivere e consegnarci la sua esperienza e noi, volentieri le condividiamo:
“Non è solo il gruppo comunicazione che deve andare a cercare chi è tornato dalle esperienze di missione per farsi raccontare qualcosa, ma dovrebbe essere anche chi è tornato a farsi avanti per condividere ciò che ha vissuto”.
Ha ragione Maurizio, che alla Tre Giorni del VISPE di qualche settimana fa ha pronunciato più o meno queste parole, per questo ora mi trovo qui a scrivere.
Innanzitutto mi presento: sono Daniele, ho 26 anni, sono arrivato al VISPE per la prima volta nel 2019 perché era dai tempi della quinta superiore che volevo partire per un’esperienza di missione, ho cominciato a frequentare l’associazione più assiduamente a partire dal 2022, dopo essermi laureato in scienze politiche, ed ora faccio parte del Gruppo Giovani.
L’anno scorso, attraverso il VISPE, sono partito per un paio di mesi in Bolivia, nella missione di Batallas, seguiti poi da due settimane in Argentina per andare a visitare una suora missionaria del mio stesso paese, che si trovava lì.
Di ritorno da questa prima esperienza, ho passato l’estate partecipando a quasi tutti i campi-lavoro VISPE coi gruppi di giovani di ogni età, dai cuccioli di 4^ e 5^ elementare fino agli adolescenti delle superiori, accompagnandoli a Viso, a Casembola ed Appiano Gentile. Impossibile riassumere in poche righe la felicità che mi diedero quelle settimane, ma a chi legge basti pensare che la ricordo come l’estate più bella che abbia mai vissuto.
A fine settembre sono quindi ripartito per la Bolivia, dove sono rimasto per dieci mesi nella missione di Batallas, per poi andare nuovamente in Argentina per due settimane, stavolta a visitare don Renato, un prete missionario italiano che avevo conosciuto l’anno prima e che vive in provincia di Buenos Aires da diversi anni.
Come fare a condensare quasi un anno vissuto in Sudamerica e riportare la mia esperienza?
Come alla Tre Giorni 2024, ci proverò attraverso tre parole, ciascuna che racconti un aspetto di ciò che mi ha lasciato questo tempo di missione che ora mi porto dentro.
La prima parola è “Finalmente!”, non a caso col punto esclamativo, perché rappresenta il sentimento d’incontrare il povero, il bisognoso e l’emarginato, dopo tanto tempo passato al VISPE partecipando ad incontri e ritiri, ascoltando testimonianze e leggendo gli scritti di chi in missione c’era già stato.
Dopo tanto aspettare, finalmente il contatto con coloro per i quali il VISPE esiste, finalmente essere lì, lavorando per loro, conoscendoli, parlandoci, o anche semplicemente standoci assieme, proprio nello stile VISPE: senza la pretesa di andare là per stravolgergli la vita, ma semplicemente esserci; presenti, disponibili ed attenti, per vivere con loro ed accompagnarli.
Ora che sono tornato in Italia, le conoscenze fatte e la consapevolezza sviluppata si traducono nella responsabilità di condividere lo spirito missionario che ho coltivato negli scorsi mesi. Voglio condividerlo soprattutto con il Gruppo Giovani e specialmente con chi non è mai stato in terra di missione, sento che contagiarli col desiderio di partire sarà responsabilità anche mia.
La seconda parola che mi porto dentro è “Doposcuola”, perché racchiude tutti i momenti, le gioie e le fatiche vissuti al doposcuola di Batallas, riportandomi alla mente il lavoro svolto con i bambini e le amicizie strette con gli educatori.
In questi dieci mesi di Bolivia, il mio impegno principale è stato il doposcuola rivolto agli studenti della scuola primaria, dai cinque agli undici anni, passandovi la maggior parte dei pomeriggi. In questo primo semestre scolastico del 2024, tra febbraio ed agosto, sono stato il responsabile del corso del primo anno, dei bambini più piccoli e con loro passavo quattro pomeriggi a settimana, aiutandoli nei compiti e giocandoci assieme.
La sensazione più bella che mi ha dato il doposcuola è stata proprio la possibilità di conoscere i bambini uno ad uno attraverso il lavoro continuativo insieme a loro. Di ciascuno ho conosciuto il carattere, i modi di fare, i punti di forza e ciò che potevano migliorare, permettendomi così di aiutarli al meglio, non solo nei compiti scolastici, ma sotto tanti punti di vista della loro educazione e del comportamento. È stato bellissimo vederli crescere ed accompagnarli in questo periodo, potendo apprezzare ogni loro progresso.
Qualcuno dirà che “sono solo bambini”, ma hanno riempito le mie giornate ed il mio cuore. La mia felicità, quando ero là in Bolivia, dipendeva anche da come riuscissi a lavorare con loro: gioivo quando vedevo quanto fossero bravi a leggere o nei calcoli, mi arrabbiavo quando qualcuno si dimostrava capriccioso, mi rilassavo chiacchierando con loro nella mezz’ora della merenda e poi mi esaltavo per spronarli a dare il massimo nel momento del gioco di gruppo. Saranno solo bambini, ma mi hanno dato tanto.
Infine, la terza parola è: “Crescita personale”.
Si parte in missione per aiutare, ma poi si finisce per scoprire tanti propri difetti e ci si mette in discussione. Si parte in missione per provare a cambiare il mondo, ma poi il proprio mondo viene cambiato dalle osservazioni che si ricevono e così si cominciano a notare aspetti di sé a cui prima non ci si faceva caso. Si parte in missione con l’obiettivo di dedicarsi completamente al prossimo, ma poi ciò che ti viene detto una volta che sei là, ti costringe a dedicarti anche a te stesso, a farti domande, a rivalutare i tuoi sogni, a cambiare progetto di vita.
Questa è la parte su cui riesco a parlare di meno perché mi trovo ancora in fase di elaborazione dell’esperienza, ma rappresenta anche l’elemento più impegnativo. Non si tratta solo di un ricordo di ciò che è stato, ma è vero e proprio materiale su cui meditare e lavorare per i mesi a venire, un impegno che richiederà tempo e sforzo, per provare a migliorarsi ed andare avanti.
Per adesso, questo è tutto ciò che mi sento di condividere.
Chiudo il cerchio ricollegandomi all’apertura di questa lettera e rivolgendomi ai tanti altri, giovani e meno giovani, che siano recentemente tornati da un’esperienza di missione: condividete ciò che avete vissuto!
Trovate il tempo e la voglia di mettervi a scrivere una lettera come ho fatto io, oppure scegliete un’altra forma di espressione e mettetela in pratica, ma sappiate che il vostro racconto è prezioso e che l’associazione ha bisogno anche di questo per progredire.
Non potete sapere quante persone ispirerete con la vostra testimonianza, come un contadino che non sa quanto del seme sparso darà frutto, ma di certo qualcosa crescerà! Fate la vostra parte!
Daniele