La dottoressa Roberta Raco, cardiologa e da anni missionaria amica del Vispe, di ritorno dal Nepal ci regala queste parole.
Quando parto per la missione in Nepal ho sempre la sensazione di andare sulla luna. Sali sull’aereo e lasci un mondo e ti ritrovi a Katmandu dove il profumo dell’incenso mischiato a quello dei gas di scarico pervade tutte le strade. Il rumore di una città popolatissima e disordinata dove trovi contrasti continui e tanti riti di diverse religioni affiancati uno all’altro. Così vedi stupa buddisti affiancati a templi indù. Ma i colori e il profumo degli incensi sono uguali e rendono l’atmosfera così eterea e spirituale da farti sentire in una bolla di bellezza e stupore. Lasci una vita ordinaria e frenetica per proiettarti in un mondo in cui vita e morte camminano letteralmente fianco a fianco.
In occidente non si può parlare di morte poiché significa fine, luce spenta, oscurità, tristezza. In oriente esiste invece un passaggio diretto tra la frenesia della vita e la quiete della morte e in tutto ciò non esiste rumore. I defunti vengono bruciati sulle pire innalzate su fiumi considerati sacri e lasciati bruciare attraverso la forza depuratrice del fuoco. E poi lasci Katmandu e approdi in questo piccolo paese: Barhoul. Dove il turismo non esiste, dove anche il poliziotto dell’aeroporto dei voli domestici si stupisce a vedere un occidentale che si reca in questo piccolo paesino non segnalato neanche sulla cartina geografica. E laggiù scopri un mondo nel mondo. Quello di una comunità rurale dedita alle coltivazioni, e vedi villaggi che ti fanno andare indietro nel tempo. Quello dei racconti dei tuoi nonni dove ci si lavava nel lavatoio esterno alle case, si condividevano cose, e dove il concetto di privacy assume un valore astratto. Eh si in Nepal la vita di ogni famiglia è dominio di tutti. Ti ritrovi a fare una visita domiciliare in queste piccole casette in mezzo alle risaie poverissime ma dignitose e piano piano ritrovi una quantità di persone sconosciute a te e al paziente stesso che osservano ciò che fai entrando in casa. Ma non c’è lamento, non c’è rumore: solo un’armonia continua nei rapporti umani e nelle azioni quotidiane perché in Nepal c’è un detto: tutto e possibile. È possibile prendere il pullman di linea tutto “sgarruppato” gremito di persone che si ferma perché un passeggero deve fermarsi a fare la spesa in un negozio, ed è possibile presentarsi a un matrimonio anche se non invitato . Ciò che vedo da medico è che c’è sempre tanta dignità nell’ esprimere i propri disagi. Vai a fare le visite domiciliari entrando nelle loro case e diventi ospite indiscusso che viene invitato a cena senza saperlo e viene accolto nella stanza da letto perché è lì che si accolgono gli ospiti. Mangi da solo mentre loro ti osservano perché non è educato che il padrone di casa mangi davanti all’ ospite e ti costringi a mangiare tutto per non deluderli, e ti trovi a mangiare un cibo saporito e speziatissimo da desiderare di tuffarti subito nell’acqua.
E poi le lezioni a scuola alle ragazze adolescenti che dapprima ti osservano come fossi un extraterrestre, ma poi inizi ad addentrarti nei meandri dell’anatomia e fisiologia femminile scoprendo alla fine che si parla tutte la stessa lingua: quella delle donne, quella dell’energia femminile, quella della luna e del potere dell’estrema creazione. E allora iniziano ad arrivare sempre più domande senza più pudore ne vergogna, solo con tanta legittima curiosità. E scopri che ci sono tanti disagi fisici e psicologici come quello delle problematiche del ciclo mestruale e le domande arrivano con sempre più avidità per approfittare di quel momento di apertura e accoglienza senza sentirsi giudicate o senza ricevere silenzi e approfittare di conoscere come funziona il proprio corpo. E insieme a questi disagi scopri che vi sono anche problematiche psicologiche di cui in Nepal ancora si parla poco perché non esistono gli psicologi, esistono solo gli psichiatri: per cui se ti ritrovi con attacchi di ansia o panico – leciti in una giovane donna che si approccia alla vite già difficile in un mondo ancora maschilista come il Nepal – finisci per essere trattato da uno psichiatra con terapie pesantissime che ti rendono difficile seguire le lezioni a scuola come è capitato a una ragazza. Oppure se ti trovi a gestire disagi legati alle separazioni dei genitori che da un giorno all’altro scompaiono dalla loro vita perché vanno a lavorare all’estero per poter garantire una vita migliore o vanno a vivere con un nuovo compagno abbandonando la famiglia. Disagi nel voler vivere una vita libera da preconcetti come quella che scorgono sui social ma sono costretti ad avere a che fare con le loro tradizioni ancora radicatissime.
Poi Ti guardi attorno e vedi tanta bellezza: quella degli animali che vivono in armonia con gli umani, la bellezza del sole che tramonta e illumina i colori della terra nelle risaie, il colore oro dei semi lasciato essiccare al sole, le casette colorate e questi bimbi bellissimi con il sole negli occhi che corrono a piedi nudi salutandoti con: Namaste Sister!
E inizi a poco a poco a sentirti parte della loro comunità come medico del villaggio!
Mentre passeggi nei villaggi più poveri ti ritrovi senza saperlo a un matrimonio e vieni invitato a mangiare con loro. Ti si avvicina una bimba chiedendoti di che casta sei intimidita dal tuo colore e avendo paura di non essere degna di stare seduta al tavolo con te. E la suora che parla nepalese le risponde che siamo della sua stessa casta: quella degli Uomini. Vedi così il sorriso felice della bimba che non ha più paura di sedersi al tuo fianco sentendosi di poco valore come capita ancora purtroppo nel complesso sistema delle caste. Perché le Sorelle in Nepal vivono come vivono i nepalesi. Senza auto, senza riscaldamento. Pronte sempre ad accogliere tutti senza giudicare, amando incondizionatamente.
Il medico del villaggio che, come una volta, diventa parte di una comunità dove c’è rispetto, condivisione e riconoscenza perché alla fine abbiamo ancora tutti bisogno gli uni degli altri.